Ieri come oggi, era la potenza dei segni a delineare la realtà. Pochi, chiari ed incisivi con l’obiettivo di mantenere il controllo della società, senza alterare lo status quo. È già successo. Negli anni tra il 1180 e il 1231 e per circa cinque secoli il tribunale dell’InquisizioneAMP regolava ciò che poteva essere detto, scritto e messo in atto.
Ciò che contava era la sua presenza e non tanto la sua operatività, limitata per una forte carenza di mezzi, uomini e fondi finanziari. L’iter che portava dall’individuazione del dissidente, al processo ed alla sua condanna, aveva bisogno di risorse umane ed economiche molto spesso insufficienti.
Chi aveva un pensiero diverso e si azzardava a renderlo pubblico, a diffonderlo, nel giro di pochissimo si trovava col dito puntato. È già successo.
Riuscite ad immaginare la scena? Un po’ come quando oggi, per esempio, hai la malsana idea di scrivere veramente ciò che pensi sul tuo profilo Facebook contestando questa o quella decisione politica. Nel giro di pochi minuti ti trovi la bacheca intasata dai commenti dei tuoi odiatori a cui non importa il confronto costruttivo, ma stanno lì e ti aspettano al varco, come vecchie e acide zitelle pettegole, accecate da quell’ideologia che intuiscono ed interpretano a loro modo attraverso i media.
“Negazionista, irresponsabile, se il virus si diffonde la colpa è degli incivili come te! La gente deve stare a casa. No assembramenti” ma tu sai che hanno passato il giorno di Pasqua a mangiare costolette d’agnello ammucchiate allo stesso tavolo con almeno trenta persone.
Ciò che contava, nel periodo dell’Inquisizione, era l’esistenza della possibilità di essere colpiti, di venire segnalati non perché avevi festeggiato promiscuamente la festa di cui sopra ma perché ti eri esposto in maniera contraria alla massa: un rischio reale ed incombente.
Pochi processi, esecuzioni pubbliche, scenografie ben studiate, terribili torture, vergogna e rovina, bastavano ad incutere terrore. Come a dire, “Vuoi fare il figo? Vuoi dire quello che ti passa per la testa? Ok, fallo! Ma se a noi non sta bene, ti toccherà finire nella gogna”.
Avete presente quelle testate giornalistiche che fanno controinformazione? Quelle che vengono accusate di diffondere fake news, che pagano le tasse, che sono regolarmente registrate ma non attingono ai fondi statali per l’editoria e si autofinanziano grazie ai loro lettori? Ecco, sì. Anche a loro è spesso toccata una sorte simile, si sono ritrovati con i canali di comunicazione oscurati perché non conformi al resto dell’informazione ufficiale e di Stato. Pochi casi, ma esemplari, significativi, bastevoli ad incutere il terrore.
E se gli eretici non c’erano era l’Inquisizione stessa a crearli. La loro persecuzione e l’orrore collettivo consentivano un controllo totale delle coscienze, mantenendo tutti in uno stato di sottomissione spontanea e assoluta.
Bollettino del 7 aprile 2021: 13.708 positivi, 627 morti, 340.162 tamponi effettuati.
Bollettino dell’8 aprile 2021: 17.221 positivi, 487 morti, 362.162 tamponi effettuati.
Qual era il criterio di fondo dell’Inquisizione?
Può e deve essere sottoposto a un procedimento inquisitoriale ogni comportamento che implichi la possibilità di convinzioni o credenze eretiche. Insomma, come nei moderni totalitarismi, non si combatte un nemico chiaramente presente e pericoloso, ma lo si crea per giustificare l’incessante lavoro della macchina repressiva, il suo costo, la sua intrinseca follia, la sua struttura allucinatoria e paranoica.
È già successo.
Un metodo basato sul sospetto: chi veniva inquisito doveva dimostrare la propria innocenza in un cammino dove tutto congiurava contro la riuscita. Tutti si sentivano esposti al rischio della persecuzione ed era questo il fine, non importa se esplicito o inconsapevolmente perseguito, della macchina inquisitoriale.
Silenzio, va tutto bene.
Un’anima denudata durante il processo, smontata pezzo per pezzo, ricomposta e frantumata di nuovo, fino ad avere la certezza della sua ortodossia, ma anche del suo vuoto e della sua disperazione.
Questo operare sulle anime è ciò che propriamente sconcerta ancora oggi nella storia dell’Inquisizione ed in tutte quelle storie che si ripetono camuffate da altri diversi appellativi. È già successo. E se i tribunali di allora non ci sono più, quelli mediatici oggi proliferano, sminuendo le idee di chi non è della stessa casta.
Ciò che inquieta dell’Inquisizione, intesa come soppressione della libertà, è l’immensa violenza, tanto più grave quando mascherata di quel buon costume che agisce, dietro un’apparente neutralità, sulle coscienze in nome del bene comune.
Foto copertina Dainis Graveris
Testo Fabiola Cosenza
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Questo articolo fa parte della serie Eretici e Negazionisti per LiQMag n.18.