Il dito ormai atrofizzato si stacca dal pulsante verde. Il messaggio vocale viene inviato. In alto sul display leggo “Sta scrivendo…”.
Nell’era più social di sempre, vince ancora l’asocialità. Pensate ai messaggi vocali. 1 minuto e 36 secondi. Sono giusto un tantino sopra la soglia della normalità.
Conversazioni a senso unico. Premo il pulsante e parlo. Suoni articolati, in fila, uno dietro l’altro come tanti soldatini. Parlo, poi sbiascico, un sospiro e mi risveglio dall’ipnosi.
3 minuti e 04. Sono in pausa, avevo bisogno di parlare con qualcuno e ho pensato a te. No no, ma quale telefonata! Sono io che ho bisogno di parlare, devo dirti delle cose, fossero pure delle scemenze, ma te le devo dire. Poi tu ascolti quando vuoi. Nel frattempo, ci siamo sentite.
Mi è appena passato davanti un gatto nero. Somiglia tanto a quello che si aggirava in campagna dalla nonna, te lo ricordi anche tu? Era la festa del primo maggio e potevamo avere una decina d’anni. Noi bambine giocavamo con la micetta mentre i maschi prendevano rane nello stagno e le infilavano nelle bottiglie di plastica e senza etichetta di Coca-Cola da due litri.
Il dito ancora preme il tastino verde. Sono passati 6 minuti e 40 secondi. È bello però che ci sentiamo, che invenzione la tecnologia, non ci fa sentire soli. Che poi parlare fa bene, lo dicono tutti, anche gli esperti. Ti libera. Ad averlo il tempo per incontrarci e fare una chiacchierata di persona. Meglio i messaggi vocali, per il resto non c’è tempo. Ora neanche possiamo, è pericoloso incontrarsi.
Ho da poco oltrepassato i 10 minuti. Ho visto il tuo nuovo paio di scarpe nella storia di Instagram. Belline sì, ne avevo viste di simili su un sito di shopping online, ma non c’era il mio numero. A proposito, la nuova fidanzata del tuo collega se la tira un po’ troppo. L’hai vista anche tu? Lui pubblica storie di continuo su Facebook. Lei sembra un viso già visto ma in realtà non la conosco. Ci ho pensato, poi ho anche visto le foto nei suoi album. Si sarà rifatta qualcosa, dovresti vedere quelle del 2009, una sfigata irriconoscibile.
Non mi fermo mai, ho sempre molte cose da fare, non ne posso più, vorrei solo poter stare su una sdraio, davanti ad un mare cristallino e ad una spiaggia dorata, bere il mio cocktail senza pensare a nulla. Quasi 13 minuti.
Ti ho mandato questo vocale giusto così, per sentirti e dirti che sto bene.
Il dito ormai atrofizzato si stacca dal pulsante verde. Il messaggio vocale viene inviato. In alto sul display leggo “Sta scrivendo…”.
Sento un beep, penso che mi ha risposto e controllo: “Ora non posso ascoltare. Se è urgente chiamami, oppure scrivi qui”.
Foto di copertina Priscilla Du Preez
Testo Fabiola Cosenza
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Direzione editoriale Piergiorgio Greco
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Questo articolo fa parte del servizio I Social e la Realtà, una riflessione su cosa sono, quali effetti hanno su di noi e dove ci porteranno.