P3- Caspita! Già i tuoi outfit partono dalla mascherina e arrivano di fatto ad un’interpretazione creativa e occidentale del Niqab arabo. Se ci aggiungi quelle strane coincidenze che ti fecero realizzare a gennaio, cioè un attimo prima della pandemia, due sculture con il fuoco, il mare, il vento e la sabbia che contaminavano la purezza (vedi Steven’s Hats, il piacere di proteggersiAMP) beh, allora mi fai sentire davvero in una sorta di Islam contemporaneo, occidentale e magico dove la necessità di re-immaginare la figura, la nostra sembianza, è di vitale importanza. Come se fossimo calati nella realtà altra di uno di quei film senza tempo dove gli attori hanno quel costume perché rappresentano una certa società e cultura. Più che creazioni sartoriali, le tue opere sembrano i costumi del film che siamo costretti a vivere. Più un’esigenza artistica la tua e di sicuro non un’operazione commerciale di moda. Piuttosto lo studio per una nuova forma di apparire. Un costume sociale: mascherina, cappello, foulard, cravatta in un’unica sembianza. Spiegami meglio.
S3- Mi viene spontaneo. Tecnicamente lo facevo già da prima con i cappelli. Cerco sempre di inserire qualcosa in più al prodotto primario. Anche i gilet e le borse sono cose che ho abbinato spesso ad un outfit che magari è iniziato con l’idea di un cappello e usando lo stesso tessuto sono andato avanti. Poi succede che ritorno a fare pittura e scultura e quindi mi perdo nell’arte e tralascio la moda. Per questo motivo sono stato a Melbourne per due anni, dove ho portato oltre 140 sculture.
Scritto da Piergiorgio Greco e Steven’s Hats
piergiorgio.greco@rivistaliquida.it
www.facebook.com/StevenHats
Da una telefonata/intervista tra Piergiorgio e Stefano del 03 giugno 2020 per LiQMag n. 18. Serie composta da 4 post.